L'ambiguità by Simona Argentieri

L'ambiguità by Simona Argentieri

autore:Simona Argentieri [Argentieri, Simona]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Psychology, General
ISBN: 9788858402887
Google: p2RAAP9O2YcC
Amazon: B005VOCRP6
editore: Einaudi
pubblicato: 2010-10-06T22:00:00+00:00


La zona grigia.

Un altro problema che si configura quale fertile terreno di malafede e ambiguità è quello del cosiddetto transgender, così come si va delineando tra medicina, psicologia e diritto. Di nuovo voglio precisarlo, in questa circostanza non intendo analizzare gli aspetti psicopatologici dei transessuali stessi, ma piuttosto propongo una riflessione su come vengono vissuti, rifiutati, accettati e soprattutto curati.

Attualmente la questione è divenuta socialmente rilevante; non per i numeri, che sono sempre poche centinaia, ma per il tipo di attenzione e di risposta culturale che le viene tributata.

Volendo ricostruire un percorso storico, posso ricordare che negli anni Sessanta, quando ho cominciato a studiare e riflettere sui problemi della sessualità e dell’identità di genere, la questione era affrontata dalla psichiatria con molta puntigliosa precisione nosografica.

Veniva sancita una netta distinzione fra “travestitismo” (uomini che avevano un bisogno compulsivo di vestirsi con indumenti femminili, ma che fermamente volevano conservare la loro maschilità psicofisica) e “transessualismo” (uomini che invece odiavano la loro anatomia e volevano disperatamente cambiarla, a qualunque costo, con quella femminile). Entrambe le sindromi erano comunque collocate saldamente nel catalogo delle cosiddette perversioni, secondo un criterio prevalentemente descrittivo, fenomenico. Da tara, crimine, peccato le perversioni sessuali erano ormai considerate un disturbo psicologico, specifico del sesso maschile; sempre comunque – come abbiamo detto – considerate patologie gravi, di area psicotica.

La psicoanalisi, riconducendo l’assetto psicosessuale alla storia evolutiva di ciascuno, toglie alle cosiddette perversioni l’alone di fascino demoniaco, riconoscendo in ogni bambino un “piccolo perverso polimorfo” e relega al margine quei fattori biologici che invece erano stati tanto enfatizzati nel passato e che hanno oggi – purtroppo – un infausto revival.

Nel giro di pochi decenni è però clamorosamente mutata (seppure, a parer mio, solo a un livello superficialissimo) la convulsa arena sociale e culturale nella quale “i transessualismi” vivono, si definiscono e vengono definiti, tra psicologia e diritto.

Innanzi tutto, è cambiato il linguaggio, fenomeno mai banale nel campo sfuggente della sessualità. Se nei vecchi trattati erano tenute ben distinte le diagnosi di transessualismo e travestitismo, oggi invece si parla di “disforie di genere”; oppure si usa il termine comprensivo di “transgender”, che sposta l’accento dalla pulsione sessuale all’identità di genere e che colloquialmente è diventato semplicemente “trans”.

D’altronde, sarebbe assai arduo oggi ritrovare la classica distinzione tra transessuale e travestito. Tali criteri diagnostici hanno certo perduto di senso nel popolo dei “viado”, che mescolano povertà, commercio, confusione di genere (oggi infatti si parla genericamente di transgender); e ancor meno, ritengo, servirebbero a spiegare le configurazioni psichiche dei loro ancor più numerosi clienti, sotto molti aspetti persone assolutamente “qualunque”.

La mentalità corrente rispetto a tutti questi fenomeni sta diventando apparentemente più aperta, più tollerante; ma a parer mio si tratta di un’accettazione molto superficiale e indiscriminata, basata – una volta di più – prevalentemente sull’indifferenza e sulla regressione all’indifferenziato.

Lo scontro si svolge sul solito terreno mediatico, fatto di slogan e di grida; mentre – da entrambe le parti – ben poco spazio viene dedicato al pensiero: da un lato vediamo le rivendicazioni di associazioni e gruppi



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